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Il nuovo reato di autoriciclaggio che sarà a breve introdotto nel nostro Ordinamento fa scattare sulla difensiva le banche estere, presso le quali sono depositati i patrimonio non dichiarati degli evasori italiani. Il rischio di incriminazione per concorso in autoriciclaggio è infatti tutt’altro che remoto e le banche non possono permettersi alcuna operazione che possa ostacolare la tracciabilità dei flussi di denaro. Ma analizziamo un caso concreto per capire perché il nuovo reato di autoriciclaggio ha un’incidenza così forte sull’operatività delle banche. Orbene, si immagini che Tizio detenga in una banca svizzera dei fondi, frutto di anni di redditi non dichiarati al Fisco: grazie alle nuove norme che saranno presto introdotte nel nostro Ordinamento, i reati fiscali potranno andare a braccetto con il nuovo reato di autoriciclaggio, ragion per cui Tizio finirebbe per essere punito penalmente.
La banca depositaria dei fondi che magari ha autorizzato un prelevamento in contanti delle somme o ha consentito un bonifico presso un Paese a fiscalità privilegiata, avrà concorso al reato di autoriciclaggio. Stesso dicasi nel caso in cui Tizio, in realtà, abbia maturato quei proventi senza aver commesso dei reati tributari (ad esempio, per aver risieduto diversi anni all’estero).
Se, infatti, non è stato compilato il quadro RW e i proventi di tali attività non sono stati dichiarati in Italia, potrebbe scattare il reato di infedele o omessa dichiarazione dei redditi e, anche in questo caso, giungere all’imputazione di autoriciclaggio è tutt’altro che difficile. Certo, non basterà aver commesso un reato per poter automaticamente essere accusati di autoriciclaggio. La norma parla infatti espressamente di comportamenti volti a impiegare, sostituire, trasferire in attività economiche il denaro o le altre utilità provenienti dal reato in modo da “ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”. Ostacolare la provenienza delittuosa delle somme è tuttavia un’opera molto più facile da realizzare di quanto si possa pensare: abbiamo infatti avuto modo di sottolineare, già in precedenti interventi, come la giurisprudenza abbia ravvisato questa attività di “occultamento” anche nel trasferimento di somme con strumenti perfettamente tracciabili. Cosa possono fare, dunque, le banche estere? La risposta purtroppo, in questo caso, non è affatto semplice. Da un lato di potrebbe pensare che la soluzione migliore sia quella di chiudere immediatamente il rapporto. Ma questa strada, sebbene sia la più immediata, è anche la più rischiosa.
Si pensi alla chiusura di un conto, a seguito della quale le somme residue siano restituite in contanti o per mezzo di un bonifico bancario verso una banca con sede in un paradiso fiscale.
In questo caso il gioco è fin troppo facile per l’accusa: sicuramente si potrà parlare di un’operazione volta ad ostacolare concretamente la provenienza delittuosa del denaro.
Il fatto che sia stata effettuata proprio per evitare il concorso nel reato di autoriciclaggio è cosa secondaria e di nessuna rilevanza. Ecco quindi che le banche estere potrebbero porre in essere ciò che i correntisti più temono: il blocco delle somme. Ben potrà quindi, il nostro signor Tizio, recarsi una mattina presso la sua banca Svizzera ed accorgersi, suo malgrado, che le somme non potranno essere prelavate, né in altro modo utilizzate.
Ed è questo, purtroppo, quello che in questi giorni sta accadendo.Autore FISCAL FOCUS